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Il junk food se consumato spesso per esempio fa male anche se al posto del manzo si usano il tofu o i funghi fritti

Molte aziende alimentari stanno cercando di entrare nel mercato del cibo salutare, cosiddetto healthy, che indica un genere di prodotti spacciati come sani, nutrienti e genuini nonostante spesso non lo siano. Sul Post ne abbiamo scritto più volte, spiegando per esempio che i cosiddetti superfood – come il kale, cioè il cavolo riccio, le bacche di goji e semi di chia – non hanno i superpoteri promessi, che l’avocado è grasso e calorico, che la coltivazione della quinoa ha sconvolto gli equilibri delle popolazioni locali, che il glutine deve evitarlo chi è celiaco e che l’olio di palma non fa così male (alla salute, all’ambiente dipende).

Nel tempo, la parola “vegano” è diventata una delle ultime etichette alla moda usate per indicare il cibo “sano”, quando ancora pochi anni fa aveva un significato perlopiù negativo: per molti indicava estremisti che volevano sovvertire le tradizioni alimentari o cibi insapori e deludenti. Ora invece sempre più persone che seguono una dieta onnivora e non strettamente vegana consumano di tanto in tanto alternative vegetali ai cibi a base di latte o di carne, per ambientalismo – gli allevamenti bovini per la produzione di carne e latte sono tra i principali responsabili delle emissioni di gas serra prodotte dall’uomo – o di salute.
Sono scelte lodevoli e come ha scritto il New York Times i vegani «hanno ragione» e «stanno cercando di illuminare una strada per un futuro più vivibile»; molte aziende però stanno cercando di sfruttare questa nuova consapevolezza per creare un mercato a volte ingannevole. Comunque sia è un mercato in crescita: in Italia nel 2016, secondo il rapporto Eurispes 2017, i prodotti commercializzati come vegani hanno venduto per 700 milioni di euro e nello stesso anno le vendite di yogurt e il latte a base vegetale sono cresciuti del 10 per cento, per un valore di 220 milioni di euro.
In Europa come negli Stati Uniti c’è molto interesse per la carne vegetale, come quella di Impossible Burger – a base di eme, un composto organico pieno di ferro e che ricorda moltissimo la carne rossa – e di Beyond Meat, fatta di proteine vegetali, senza soia, senza glutine e senza OGM. Negli Stati Uniti la stanno introducendo alcune delle catene di fast food più importanti tra cui Burger King, che vende gli Impossible Whopper fatti con la carne di Impossible Burger, e Kentucky Fried Chicken (KFC), che sta testando in alcuni ristoranti il Beyond Fried Chicken, crocchette di pollo vegetale fritto fatto in collaborazione con Beyond Meat.

Non è detto però che il cibo indicato come “sano”, quello vegano e le alternative vegetali siano più salutari. Alcuni yogurt senza grassi sono più ricchi di zucchero – indicato ultimamente più dannoso dei grassi – e il latte di riso, vegetale e con pochi grassi rispetto a quello vaccino, ha molti zuccheri in più. Spesso snack presentati come sani non lo sono davvero o sono adatti a regimi alimentari come quello vegano ma controproducenti in una dieta onnivora che assume già sufficienti grassi e proteine dagli altri alimenti. Rientrano in questa categoria, per esempio, i vari snack ai cereali, la granola, i mix di frutta secca e semi, le chips di barbabietola, zucca, kale e altri ortaggi, le patatine di mela, ananas e pomelo disidratate, e i triangolini di legumi croccati.
A volte questi cibi rischiano di fare più danni perché, pensando che facciano bene, si finisce per consumarne di più. È particolarmente vero per i prodotti alimentari vegani molto lavorati e per quelli dei fast food, che vengono percepiti come uno strappo alla regola meno grave del cibo spazzatura a base di carne, ma che sono spesso equivalenti per calorie e nutrienti, se non più dannosi a causa dei tipi dei grassi impiegati in sostituzione. La regola generale è che il consumo costante di junk food fa male anche se è fatto con prodotti a base vegetale, come ha scritto BBC in un recente articolo dedicato al junk food vegano.

È una tendenza che sta prendendo piede in Occidente sia all’interno di grandi catene tradizionali, come dicevamo, sia in nuovi ristoranti che servono soltanto hamburger con cotoletta di ceci o polpetta di barbabietola, piselli o tofu. In Italia, per esempio, uno dei primi ad aprire fu Universo Vegano, nel 2016 a Firenze: serve hot dog, pizza, hamburger, lasagne e piadine, tutti a base vegetale.
In Regno Unito il junk food vegano sta attraversando un momento di successo. Ultimamente ha venduto inaspettatamente molto il vegan sausage roll, una sfogliatina riempita di una salsiccia vegana che cerca di imitare il sapore della carne, della catena britannica Greggs, che vende panini, insalate, dolci e tramezzini. Una porzione ha 312 calorie, 19 grammi di grassi, 21 grammi di carboidrati e 1,9 di sodio contro la versione carnivora che ha 327 calorie, 22 grammi di grassi, 24 di carboidrati e 1,6 di sodio, differenze non così rilevanti.

L’hamburger vegano di KFC ha 2,9 grammi di sodio contro i 2 grammi del burger al pesce e gli 1,9 grammi dell’hamburger con la cotoletta di pollo; nell’hamburger vegano però ci sono più zuccheri, più carboidrati e meno proteine. Il Rebel Whopper di Burger King – un hamburger senza carne appena arrivato in Europa e anche in Italia – ha 647 calorie, 33 grammi di grassi, 58 di carboidrati, 25 di proteine e 2,9 di sodio; il tradizionale Whopper ha 660 calorie, 40 grammi di grassi, 49 di carboidrati, 28 di proteine e 0,9 di sodio. La cotoletta di Impossible Burger ha 290 calorie, 17 grammi di grassi di cui 14 saturi (quelli cioè che fanno più male) e un quarto della quantità di sodio giornaliera consigliata dai dietologi.

Un altro confronto arriva da Shake Schack, una catena americana di fast food di qualità: un hamburger – il panino più semplice e leggero – con una singola polpetta di carne, lattuga e pomodoro ha 400 calorie, 22 grammi di grassi di cui 10 saturi, 8,5 grammi di sodio e 24 carboidrati, mentre un panino Shroom Burger senza carne, con un fungo portobello fritto con l’aggiunta di formaggio cheddar, lattuga e pomodoro ha 550 calorie, 31 grammi di grassi di cui 12 saturi, 6,7 grammi di sodio e di 49 carboidrati, una quantità molto alta che si ritrova solo negli altri prodotti a base vegetale della catena.

Anche il Telegraph ha analizzato alcuni esempi di junk food vegano diffuso nel Regno Unito per mostrare come non siano preferibili alle versione a base di carne. L’hotdog vegano di Subway, una delle catene più grandi del paese, «ha un profilo molto simile in termini di grasso, proteine e carboidrati di un panino al tonno di Subway ma tre volte la quantità di grassi della versione del sandwich di tacchino», come ha spiegato Sophie Medlin, docente di nutrizione al King’s College di Londra. Il biscottone vegano di Pret a Manger, una specie di Starbucks, con cioccolato fondente e latte di mandorle ha la stessa quantità di grasso di un cheeseburger di McDonald’s e l’intera dose di zucchero giornaliera consigliata.

Nella versione vegana del fish and chips, pesce e patatine fritti, il merluzzo è sostituito dal tofu, il cosiddetto tofish. Megan Rossi, una dietista del King’s College di Londra, ha spiegato a BBC che il tofu contiene un tipo di acido grasso Omega 3 che fa bene alla salute ma che non è attivo come quello animale: si chiama acido α-linolenico e prima di venire utilizzato deve essere lavorato dal corpo umano, un processo che non gli riesce del tutto.

Megan Rossi spiega anche che il formaggio vegano può essere meno sano di quello animale: «è fermentato dai batteri che producono peptidi che fanno bene al nostro corpo» ma molti formaggi vegani non sono fermentati, sono solo «molto calorici e senza nutrienti». Inoltre tra i grassi più usati nei formaggi vegetali c’è l’olio di cocco, che resta solido a temperatura ambiente (e non liquido come altri grassi vegetali) perché ha molti grassi saturi, più di quelli del grasso animale: «il grasso saturo aumenta le lipoproteine a bassa densità (LDL) – dice Sassi – quelle responsabili del cosiddetto colesterolo cattivo che causa le placche di grasso che ostruiscono poi le arterie». Al contrario l’olio di oliva è pieno di lipoproteine ad alta densità, note anche come HDL, il tipo di colesterolo “buono”. Un’alternativa all’olio di cocco è l’olio di palma, anche questo solido a temperatura ambiente.

Il giaca o jackfruit è un altro sostituto della carne ingannevolmente sano. È un frutto tropicale poco noto in Italia ma già diffuso nel Regno Unito e negli Stati Uniti: ha un sapore dolce che richiama quello del fico, ma il frutto acerbo è salato e ha una consistenza simile a quella della carne (soprattutto di maiale). È però poco utile dal punto di vista nutritivo e contiene soprattutto carboidrati, cosa che lo rende una pessima alternativa. La catena britannica Leon produce una versione di bocconcini fritti di giaca al posto delle crocchette di pollo, ma come spiega il Telegraph hanno solo 4 grammi di proteine contro i 21 delle crocchette al pollo, hanno meno grassi ma più carboidrati e molto più sodio.

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