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la locanda alla mano

 

“È il locale gestito da ragazzi con la sindrome di Down,dove si beve,si ascolta rock e si impara la fiducia in se stessi”

Milano è uno scrigno dal quale ogni tanto spunta fuori un gioiellino. Come la  , il bistrot di piazza del Cannone al Parco Sempione. Per chi non lo conoscesse, è quel bar nella struttura disegnata da Italo Rota, gestito dalla cooperativa sociale Onlus Contè, che impiega ragazzi con sindrome di Down.

A servire aperitivi e piatti,  trovate tra gli altri Francesca, Martina, Simone, camerieri efficienti e attenti. E se vi immaginate un ambiente un po’ triste, dove andare per “fare del bene”, vi sbagliate. Alla Locanda si mangia e beve bene spendendo poco (una birra 3 euro, 5 lo spritz), dove venerdì e sabato sera si ascolta rock dal vivo, la domenica si fa colazione con musica classica suonata con un piano a coda, dove trovate wi-fi gratis e prese per ricaricare il telefono a ogni tavolo e, soprattutto, dove il servizio è ottimo.

«Noi qui insegniamo ai ragazzi la “normalità del lavoro”», racconta Carlo Giuggioli, il direttore, «la puntualità, l’ordine, l’attenzione al cliente, la qualità del prodotto. E, a fronte della prestazione, i ragazzi ricevono un giusto compenso». E non è un dettaglio: tutti sono assunti con contratti regolari. Oggi lavorano 15 persone in maggioranza con la sindrome, tra contratti a tempo determinato e indeterminato, cui si aggiungono gli stagionali, ma dal 2013 hanno gravitato sulla Locanda oltre 30 ragazzi down. «Uno dei nostri obiettivi è dare loro gli strumenti e la fiducia necessari per trovare lavoro  altrove», continua Carlo.

Alla Locanda approdano anche molti studenti impegnati nei tirocini dell’alternanza scuola-lavoro. «Spesso gli istituti sono impreparati a gestire queste situazioni e i ragazzi si ritrovano nei sottoscala a imbustare lettere. Da noi lavorano e sono pagati».

I risultati sono evidenti. Francesca, prima di essere assunta era una ragazza un po’ svogliata. A casa non aiutava e passava molte ore sul divano. Con la Locanda la sua vita si è ribaltata. La longevità del locale dimostra poi che è possibile coniugare solidarietà e business. Il progetto, partito nel 2013 grazie alla società Repower, doveva durare sei mesi. Oggi non solo va avanti, ma riesce anche a sostenersi economicamente.

L’unico aiuto che la coop riceve è quello dei dipendenti Repower, i quali ogni anno regalano ore di lavoro e competenze. Non è poi trascurabile la ricaduta che un’attività come la Locanda ha sul tessuto sociale: avere un posto vivo, frequentato tutto l’anno, rende il Sempione un luogo gioioso, ma soprattutto sicuro. Insomma, se passate di lì, fateci un salto, ne trarranno giovamento corpo e anima.

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