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Lo sciopero dei buoni

buoni mensa

Per tutta la giornata del 15 giugno i pubblici esercizi non accetteranno alcun pagamento tramite buoni pasto. Un blocco necessario per far arrivare alle Istituzioni l’appello,
troppe volte ignorato, per una strutturale riforma di un sistema che, per via di commissioni al 20 per cento, non è più economicamente sostenibile.

Gli esercenti chiedono una riforma radicale dei buoni pasto. Le commissioni sono troppo alte e i tempi di rimborso troppo lunghi. Questi i motivi dello sciopero indetto dai negozianti per mercoledi 15 giugno. La protesta è stata proclamata dalle sigle più importanti della ristorazione e della distribuzione commerciale: Confcommercio Fipe, Fida Confesercenti, Federdistribuzione, Coop e Ancd Conad. L’allarme arriva alla vigilia della pubblicazione della gara BP10, indetta dalla centrale unica di acquisto, Consip.

Il buono pasto è un servizio sostitutivo di mensa che molte aziende scelgono di erogare ai propri dipendenti come benefit. I lavoratori possono usare i buoni pasto presso gli esercizi pubblici (bar, ristoranti, supermercati), per acquistare pasti già pronti o altri prodotti alimentari. Al momento di pagare, invece del denaro, il lavoratore in pausa pranzo consegna all’esercente convenzionato uno o più buoni pasto, che possono essere sia cartacei, sia elettronici.

Nella fattura deve essere indicato il numero di ticket incassati per ogni tipologia di buono, il loro valore facciale e lo sconto applicato (lo sconto è quello che viene proposto dall’affiliato alla società emittente al momento della stipula del contratto di affiliazione).

Dopo aver calcolato l’importo totale dei buoni da rimborsare, l’esercente procede allo scorporo della base imponibile ai fini IVA e calcola l’IVA dovuta applicando l’aliquota del 10%.

Anche se è già stata inserita nello scontrino fiscale al momento dell’incasso del buono, l’IVA deve essere inserita anche all’interno della fattura.

QUINDI IVA LA PAGHI DUE VOLTE

Uno dei problemi principali sono le commissioni che gli esercenti devono pagare alle società che emettono i ticket mensa: tra il 18 e il 20% del valore del buono stesso.  “Un buono da 8 euro deve valere 8 euro mentre noi incassiamo poco più di 6 euro” lamentano i ristoratori e baristi. “A questo costo si sommano oneri di gestione e finanziari” dichiarano i rappresentanti delle imprese “ tanto che ogni 10 mila euro di buoni incassati gli esercizi perdono circa 3 mila euro. Una vera “tassa occulta”

COVID E RISTORANTI

Durante la sperimentazione dello smart working dovuta alle restrizioni per combattere il Covid, molte aziende hanno sospeso l’erogazione dei buoni pasto. Ma adesso, con il rientro in presenza e con gli accordi aziendali sul lavoro agile, i buoni pasto tornano a essere una voce dello stipendio per molti lavoratori, sia pubblici che privati.  Nel 2019 sono stati emessi 600 milioni di buoni pasto per un valore complessivo di 3,6 miliardi di euro. A beneficiarne sono stati circa 3 milioni di lavoratori, di cui 2 milioni dipendenti pubblici. Dei 600 milioni di buoni pasto, 275 milioni sono acquistati dalle pubbliche amministrazioni. In totale, ogni giorno i dipendenti pubblici e privati spendono nei bar, nei ristoranti, nei supermercati i e in tutti gli esercizi convenzionati 15milioni di buoni pasto.

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