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Il cibo del futuro

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Insetti per pranzo: ecco il cibo del futuro

Cavallette fritte e larve di ape, grilli saltati e cicale lesse… Gli insetti, con le loro qualità alimentari, sono il passato e il futuro dell’alimentazione.  Ecco perché dovremmo iniziare a considerarli una buona alternativa a carne e pesce.

Italia però non troverete queste delicatezze al ristorante all’angolo. Ci vorrà ancora circa un anno perché le procedure europee per introdurre e vendere alimenti non usuali (novel food) diventino più semplici. Tuttavia l’arrivo del grillo fritto e del coleottero lesso nei nostri menù non è così lontano nel futuro. E se la prospettiva non vi entusiasma, l’ostacolo è soltanto culturale. L’aragosta, che non sempre è stata apprezzata come cibo, oggi è considerata una prelibatezza. Eppure, secondo le ricerche presentate alla Society for Integrative and Comparative Biology, è una cugina degli insetti e lei stessa pare un insetto gigante, irto di zampe e di antenne. Storcete il naso? Allora aggiungiamo che in passato la dieta degli europei contemplava gli insetti propriamente detti: il filosofo greco Aristotele scriveva nella sua Historia animalium che le cicale hanno un ottimo sapore, sono uno spuntino di lusso; e Plinio il Vecchio sosteneva che gli antichi Romani consideravano le larve di scarabeo una prelibatezza. Di fatto, il sospetto nei confronti degli insetti si sviluppò di pari passo con l’agricoltura, quando essi vennero considerati “parassiti” per i raccolti. Non ovunque però: in 112 nazioni al mondo, soprattutto in Africa, America Latina, Australia, Asia e Pacifico, cioè per circa 2 miliardi di esseri umani, gli insetti di circa 1.900 specie rappresentano una grassa fetta della dieta quotidiana. E anche in Europa ristoranti come l’Archipelago di Londra, lo Spektakel di Haarlem, nei Paesi Bassi, il Never Never Land di Berlino e il Manitou di Francoforte comprendono nel menù pietanze a base di questa classe di animali. Anche il palato infatti gioca la sua parte: i cultori sostengono che le locuste, saltate con aglio, limone e sale, sanno di gambero; le tarme della farina hanno il gusto di nocciole tostate; quanto ai grilli ricordano i popcorn… Un mondo di sapori tutti da scoprire.                                  PROTEINE NOBILI. Ma l’entomofagia, cioè il nutrirsi di insetti, non è una semplice curiosità culinaria. È da sempre la soluzione a basso costo per la sopravvivenza nei Paesi privi di altre proteine animali. I conti li ha fatti per noi Valerio Giaccone, ordinario di Igiene e tecnologia degli alimenti all’Università di Padova. «Uno sciame di locuste contiene da 16 a 20 milioni di esemplari pari a circa 30-40 tonnellate di proteine nobili», dice l’esperto. Non stupisce allora che, anziché limitarsi ad aspettare l’arrivo di uno sciame, da qualche parte ci si sia ingegnati ad allevare gli insetti. In Thailandia sono oltre 20 mila le aziende, spesso a gestione familiare, che li allevano e forniscono in questo modo proteine nobili a milioni di consumatori; e così pure nel Laos e in Sudafrica. L’Europa è buona ultima, ma Paesi Bassi, Francia e Germania si sono già dati a questa nuova zootecnia. L’Italia? Come abbiamo detto, per ora sono vietate sia la produzione sia l’importazione di insetti, anche se il divieto non basta a tenerli fuori dal piatto.            PRESENZE OCCULTE. Marcel Dicke, entomologo dell’Università di Wageningen nei Paesi Bassi, calcola infatti che ogni anno mangiamo circa mezzo chilo di adulti, uova e larve, mescolati in farine e loro derivati, spaghetti di riso, cacao, caffè, ma anche marmellate, salsa di pomodoro, zuppe pronte ecc. Al filth test, cioè all’esame che rileva i contaminanti estranei agli alimenti, gli standard di prodotto prevedono e tollerano per legge non insetti interi, ma loro frammenti. In ogni 100 g di ketchup sono accettabili fino a 30 uova, 2 larve nel mais in scatola, 2 vermi nei mirtilli, 50 frammenti nel burro di arachidi, mentre è ammesso che siano infestati il 5% dei semi di sesamo e il 10% dei grani di caffè.  Per non parlare dei prodotti degli insetti che fanno parte dell’alimentazione ufficiale, nascosti sotto un codice numerico come E904 ed E120 (vedi riquadro qui sotto). Vietati invece dal regolamento comunitario cibi tradizionali come il casu marzu sardo, il cacio marcetto abruzzese, il saltarello friulano, il furmai nis piacentino, ma anche il rotten cheese croato e il Milbenkäse tedesco, formaggi resi prelibati dal loro contenuto di animaletti vivi.

COLORANTI CON GLI INSETTI.           L’E904, o gommalacca, è una resina secreta da un insetto dell’ordine degli emitteri, la Kerria lacca, che viene raccolta dalla corteccia degli alberi dell’Assam indiano e della Thailandia sui quali l’animale la deposita. Viene usata per glassare dolci e torte e come lucidante per pillole, caramelle e gomme da masticare e per cerare la frutta e conservarla più a lungo dopo la raccolta.L’E120 è invece l’acido carminico o cocciniglia, un colorante rosso cremisi tipico della zuppa inglese e dell’alchèrmes, ricavato macinando il carapace delle femmine di Dactylopius coccus e Kermes vermilio, parassiti del cactus. Le femmine vengono catturate sulle piante: l’acido carminico è estratto con trattamenti di acqua calda e rappresenta meno del 10% del peso degli insetti. Poiché un ettaro di terreno a cactus può produrre 80-100mila cocciniglie, ovvero 300 kg di insetti, il raccolto equivale a 2 kg di colorante. È evidente che il costo del prodotto è elevato: per questo ora lo si sostituisce con prodotti di sintesi o batterici.                                   VITAMINE VOLANTI. Ma sono ben più pressanti i motivi per i quali organismi internazionali come la Fao (Food and agriculture organization) invitano a superare la naturale riluttanza e a cibarsi di insetti. Nel 2030 la popolazione mondiale sarà di 9 miliardi di abitanti e nutrire tutti potrebbe aggravare i problemi ambientali. Gli insetti rappresentano, almeno in parte, una soluzione.«A parità di massa edibile, contengono fino all’80% di proteine contro il 24% del pollo e il 13-16% del bovino», continua Giaccone. «Sono ricchi di grassi “sani”, paragonabili a quelli del pesce: 1/3 di grassi saturi e 2/3 di grassi mono e polinsaturi. Ancora: la maggior parte degli insetti commestibili contiene una quantità di ferro uguale se non superiore alla carne di manzo; 100 grammi di locuste racchiudono da 8 a 20 mg di ferro contro i 6 mg del manzo. Alcuni insetti, come le larve gialle delle tarme della farina, sono anche ricchi di vitamine e minerali, mentre i grilli hanno alte concentrazioni di aminoacidi, vitamina B12, riboflavina, vitamina A».A fronte di tutti questi vantaggi gli insetti inquinano meno di qualsiasi altro animale di allevamento: producono meno gas serra e meno ammoniaca, usano meno spazio, richiedono meno acqua, meno cibo e soprattutto riciclano biomasse di scarto, un’opera meritoria se si considera che circa l’80% dell’ammoniaca prodotta negli Stati Uniti proviene dagli escrementi animali.

NIENTE FLATULENZE MOLESTE. Se poi si misura il meteorismo animale della zootecnia, responsabile del 20% dei gas serra, i suini producono da 10 a 100 volte più gas per kg di peso rispetto ai vermi della farina… Per non parlare della superficie terrestre occupata: oggi il 30% circa della terra coltivabile del pianeta è destinata alla produzione di mangimi animali (mais, soia ecc.); gli insetti possono invece nutrirsi di rifiuti organici, come resti di cibo e prodotti umani, compost e liquami animali, e trasformarli in proteine di alta qualità, a loro volta utilizzabili per l’alimentazione animale. Alcuni di loro, come i vermi della farina, sono molto più resistenti dei bovini alla mancanza d’acqua. E sono macchine di trasformazione più efficienti: poiché hanno sangue freddo non sono costretti, come i mammiferi, a destinare una parte dell’energia alla produzione di calore: ecco perché un bovino ha bisogno di 8 kg di cibo per aumentare di 1 kg il proprio peso, mentre gli insetti, in media, possono convertire 2 kg di cibo in 1 kg di massa.                    TESTE SPRECATE. Una parte del mangime negli animali superiori viene oltretutto sprecata in strutture non commestibili: del pollo si scartano la testa, le zampe, le ossa, mentre del grillo e ancor più della tarma della farina si mangia proprio tutto. Gli insetti, infine, hanno tempi di riproduzione rapidissimi ed estremamente redditizi per chi li alleva: i ditteri (per capirci, mosche e zanzare) si sviluppano da uovo ad adulto in 8-10 giorni, secondo la temperatura, e d’estate raggiungono le 9 generazioni in un mese. Ogni femmina è in grado di deporre grappoli di 75-150 uova ogni 3-4 giorni: al confronto i tempi di riproduzione della vacca sono biblici. Ma allora, avremo presto in tavola grilli, locuste e bigattini? Per capire che cosa ci attende a medio termine basta visitare i supermercati di Belgio e Olanda. Qui gli insetti sono già presenti sotto forma di hamburger, farine proteiche, paste spalmabili… Ma nel breve periodo questi animaletti saranno destinati soprattutto a fornire proteine alla zootecnia. Nulla di nuovo se le farine proteiche saranno utilizzate in acquacoltura o nell’alimentazione di polli e maiali: nella dieta dei pesci selvatici e degli animali da cortile ci sono oggi già lombrichi e insetti.Uno sciame di locuste, da 16 a 20 milioni di esemplari, contiene circa 30-40 tonnellate di proteine nobili

BRUTTI MA SANI. E il rischio di trasmissione di malattie o parassiti? Le sole mosche sono implicate in almeno 65 patologie umane e animali. «Se si trattano gli insetti nelle stesse condizioni sanitarie di qualsiasi altro cibo, non sono segnalati casi di trasmissione di malattie o parassiti all’uomo», risponde Luigi Piscitelli, dirigente veterinario dell’Asl di Milano. «Sono state registrate reazioni allergiche, ma come quelle ai crostacei, che sono pur sempre degli artropodi. Rispetto a mammiferi e uccelli, gli insetti rischiano meno di trasmetterci malattie. Certo, prima di allevarli si dovranno preparare nuovi veterinari e aggiornare quelli in servizio: dovremo imparare che cosa mangiano, come macellarli, emanare linee guida etiche…».

Insomma, se gli insetti in tavola dopotutto vi fanno ancora schifo, avete almeno qualche anno per abituarvi all’idea…

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